MedicinaOltre.com PATOLOGIE    DIZIONARIO MEDICO     CONTATTI     PUBBLICITA'    CREDITS     HOME 
MedicinaOltre - guida pratica per la famiglia
TUTTI GLI ARTICOLI:
RICERCA SU TUTTO IL SITO:

RICERCA ARTICOLI







Psichiatria (Comunicati stampa - 2009-07-22 14:18:45)

Terapia cognitiva: Quando il cibo è disperazione

Non si nota, a differenza dell’Anoressia Nervosa, in quanto le pazienti sono di solito normo-peso. Eppure la Bulimia ha conseguenze altrettanto devastanti sulla vita e sulla salute di chi ne soffre. Un tunnel buio, dunque, ma dal quale si esce: il percorso è lungo, non sempre facile, ma possibile. Per risolverla si è dimostrato efficace un protocollo di cura con la terapia cognitiva. “Il trattamento,” chiarisce la Prof.ssa Sandra Sassaroli, direttore di Studi Cognitivi, “consiste in una rieducazione alla nutrizione equilibrata, nella modifica delle idee perfezioniste e dicotomiche di queste pazienti e nello staccare l’autostima dal livello del peso corporeo.” Il trattamento porta a risultati positivi nel 50-70% delle pazienti affette da Bulimia Nervosa.

Il lavoro dello psicoterapeuta con la paziente bulimica è estremamente delicato: deve infatti aiutare chi ha questo disturbo del comportamento alimentare a “fare la pace” con il cibo. È un percorso lungo, che viene messo a punto in modo personalizzato. La paziente viene coinvolta in prima persona, con lo scopo di aiutarla a imparare a prendersi cura di se stessa. “In base a quanto emerso nel corso degli studi che hanno avuto come oggetto la psicoterapia comportamentale, la bulimia dipende da bassa autostima, idee rigidamente perfezionistiche e scarsa tolleranza delle emozioni negative,” interviene Giovanni Maria Ruggiero, direttore della scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo comportamentale e cognitiva: Psicoterapia Cognitiva e Ricerca - “La terapia è efficace, e i dati lo dimostrano, ma questi numeri non bastano. Perché rimane ancora poco sensibile alla terapia una significativa porzione di bulimiche.”
Che cosa fare allora?
La proposta arriva dagli psicoterapeuti. “Esistono due aspetti psicopatologici a nostro parere trascurati,” chiarisce la Prof.ssa Sassaroli. “La tendenza a ipercontrollare ogni aspetto della vita, sociale, affettiva e lavorativa e a rimuginare, cioè ad occupare tutto il proprio tempo mentale con visioni ripetitive e negative non solo sul peso e l’aspetto corporeo, ma in generale sul proprio futuro sociale, affettivo e/o lavorativo. L’obiettivo dunque è quello di dimostrare che attraverso il trattamento di questi due fattori è possibile incrementare l’efficacia della terapia cognitiva.”

La terapia cognitiva funziona, dunque. Ma, come per ogni cura, prima si interviene e meglio è. Proprio per questo è importante il ruolo dei familiari e degli amici più stretti. Perché solo chi è vicino può cogliere dei campanelli d’allarme fondamentali. Al contrario dell’anoressia, il segnale che fa riconoscere la bulimia sono le frequenti abbuffate alimentari, seguite da condotte di eliminazione, come vomito auto-indotto o abuso di lassativi e diuretici. Non si verificano quindi oscillazioni significative di peso. E per questo, chi soffre di bulimia è più difficile da individuare, in quanto presenta solitamente, appunto, un peso normale. Una caratteristica abbastanza particolare però è la fame sproporzionata e il fatto che non sempre si nasconde. La tipica modalità di ingestione del cibo è vorace, molto rapida, quasi senza masticare, in grandi quantità. Chi ha questo disturbo, inoltre, può provare l’impulso a mangiare in qualsiasi momento, indipendentemente dai pasti. Pur di ingerire qualcosa, arriva in certi casi persino a consumare il cibo preso direttamente dal freezer, congelato e crudo. Le abbuffate sono delle vere e proprie crisi compulsive, percepite dalla paziente come incontrollabili.
A seconda dei casi possono avvenire tutti i giorni e più volte nell’arco della stessa giornata, oppure anche solo una o due volte alla settimana, sia di giorno che di notte, e sono alternate a giorni di digiuno o anche a condotte di eliminazione come vomito auto-indotto e abuso di lassativi, con l’idea di bilanciare in questo modo ciò che si è ingerito. Si innesca così una spirale senza fine: le abbuffate sembrano placare nell’immediato le emozioni negative della paziente, ma purtroppo sono fatalmente destinate a produrre vergogna, senso di colpa, depressione, disgusto per se stesse, paura di ingrassare, che a loro volta portano a nuove crisi bulimiche.

Fonte: Ketchum