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Dietologia (Comunicati stampa - 2008-10-21 12:10:45)

Proteine: eccesso e carenza di proteine, il fabbisogno proteico

Le Proteine nell’alimentazione: una questione di equilibrio, cosa sono le proteine, le proteine non sono tutte uguali? Le proteine “migliori”? ...

COSA SONO LE PROTEINE
Le proteine sono composti organici tra i più complessi, costituenti fondamentali di tutte le cellule animali e vegetali. Nel corpo umano rappresentano il 16-18% del peso totale e la loro caratteristica distintiva rispetto a lipidi e carboidrati è la presenza di azoto, che rappresenta mediamente il 16% della proteina. Dal punto di vista chimico, una proteina è una macromolecola costituita dall’insieme di amminoacidi, uniti mediante un legame peptidico. Gli amminoacidi che compaiono nelle proteine di tutti gli organismi viventi sono 20, alcuni dei 20 amminoacidi ordinari proteinogenici sono detti essenziali, in quanto non possono essere biosintetizzati direttamente dall’organismo e devono necessariamente essere assunti col cibo. Oltre a quelli coinvolti nella biosintesi delle proteine, vi sono amminoacidi che svolgono importanti funzioni biologiche quali la glicina, l’acido gamma-amminobutirrico (GABA) e l’acido glutammico, che sono tre neurotrasmettitori, la carnitina, coinvolta nel trasporto dei lipidi all’interno della cellula, l’ornitina, la citrullina, l’omocisteina, l’idrossiprolina, l’idrossilisina e la sarcosina. Le proteine hanno una struttura molto complessa a cui è associata sempre una funzione biologica. Da questo punto di vista le proteine possono essere classificate in due grandi famiglie funzionalmente separate:
- Proteine strutturali (estese o fibrose): svolgono funzioni generalmente biomeccaniche. Per es. rientrano nella costituzione delle unghie, dei peli, dello strato corneo dell’epidermide, prima difesa dell’organismo dall’ambiente esterno.
- Proteine funzionali (globulari): sono coinvolte in specifiche e molteplici funzioni biologiche, indispensabili per la vita. Per es. sono proteine gli enzimi, catalizzatori delle reazioni biochimiche che avvengono nell’organismo, l’emoglobina, molti ormoni e gli anticorpi, responsabili della difesa immunitaria. Un’ulteriore suddivisione delle proteine è quella che le distingue in base alla loro funzione:
- Proteine strutturali: sono componenti delle strutture permanenti dell’organismo ed hanno principalmente una funzione meccanica. Due esempi sono il collagene e l’elastina, presenti nella matrice dei tessuti connettivi.
- Proteine di trasporto: si legano a sostanze poco idrosolubili e ne consentono il trasporto nei liquidi corporei. Comprendono ad esempio le proteine del sangue che trasportano i lipidi e il ferro, nonché l’emoglobina che trasporta l’ossigeno. Molto importanti sono anche le proteine di trasporto delle membrane cellulari, che permettono un passaggio selettivo di molecole idrosolubili e ioni.
- Immunoglobuline (dette anche anticorpi): sono proteine che si legano a molecole normalmente non presenti nell’organismo, concorrendo alla sua difesa.
- Enzimi: sono proteine catalitiche, ovvero che accelerano determinate reazioni chimiche in modo da renderle più veloci rispetto ad altre che altrimenti sarebbero competitive.

LE PROTEINE NELL’ALIMENTAZIONE
una quEstionE di EquiLibrio Le proteine hanno una fondamentale importanza per il corretto mantenimento del nostro organismo, in particolar modo quelle assunte con l’alimentazione. Le sostanze assunte con il cibo non servono principalmente alla produzione energetica, ma essenzialmente alla crescita, allo sviluppo e alla manutenzione dell’organismo. Si stima che ogni giorno nell’organismo circa 250 g di proteine sono soggette a turnover, vale a dire ad un continuo processo di demolizione e sintesi. Gli aminoacidi che si liberano con il turnover vengono riutilizzati per sintetizzare nuove proteine ma una quota di essi va persa nella formazione di composti azotati (urea, creatinina, acido urico) che vengono escreti tramite urina, sudore e feci. Altre perdite proteiche derivano dalla desquamazione della pelle e dalla crescita di capelli, peli e unghie. Vi è dunque una perdita obbligatoria di azoto che deve essere opportunamente reintegrata con la dieta.
Nell’alimentazione umana, le proteine si trovano principalmente:
- in alimenti di origine animale come carne, pesce, salumi, uova, formaggi, latte, yogurt;
- nei vegetali come piselli, fagioli, lenticchie, soia (Fabaceae) in dosi paragonabili alla carne e in dosi minori nelle Poaceae come frumento, avena, farro impiegati nella produzio ne di pasta e prodotti da forno.


IL FABBISOGNO PROTEICO QUOTIDIANO
Si stima che il fabbisogno proteico quotidiano sia compreso tra 0,7- 1g/kg di peso corporeo e di norma non deve superare il 15% del totale dell’energia introdotta. Tale fabbisogno deve essere regolato in particolari momenti della vita: aumenta in fase di crescita, gestazione, allattamento e di rigenerazione organica e può variare per particolari fasce di popolazioni. In realtà l’apporto effettivo di proteine nell’attuale dieta italiana supera di gran lunga le proposte dei LARN (Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana. Difatti il rapporto tra proteine di origine vegetale e animale è squilibrato a favore di queste ultime, le quali inevitabilmente “trascinano” con sé un eccesso di grassi saturi, mentre l’assunzione di vegetali proteici è generalmente associata ad un buon apporto di fibra, elemento prezioso per la salute del sistema gastrointestinale e per la prevenzione di importanti malattie cronico-degenerative4.
Nell’ottica di un’alimentazione equilibrata sarebbe opportuno bilanciare l’apporto proteico, cioè assumere il 50% di proteine di origine vegetale e il 50% animale. Ad oggi tale equilibrio è difficilmente rispettato, in quanto la maggioranza della popolazione associa l’idea di proteina esclusivamente alla massa muscolare e al consumo di carne o pesce, non considerando il fatto che le proteine sono presenti nei vegetali e che per di più hanno un buon valore biologico.


ECCESSO DI PROTEINE
Un apporto eccessivo di proteine nella dieta rispetto all’assunzione consigliata può comportare conseguenze per la salute. Il turnover proteico, attraverso il quale l’organismo è in grado di rinnovare continuamente le proteine logorate sostituendole con nuovo materiale proteico, permette all’organismo di rimpiazzare gli aminoacidi utilizzati a scopo energetico e di depositarne eventualmente di nuovi per rinforzare determinati tessuti (ad esempio in seguito ad esercizio fisico). Questa quota è variabile in base all’età, allo stato di salute e allo stile di vita e l’apporto proteico quotidiano va regolato a riguardo. In ogni caso esiste una soglia limite oltre la quale le proteine ingerite non possono venir utilizzate per aumentare la sintesi proteica. A questo punto il destino delle proteine può seguire due vie:
1. possono essere utilizzate per produrre energia nell’immediato, nel caso l’apporto calorico totale giornaliero sia inferiore al fabbisogno;
2. possono essere convertite in tessuto adiposo, nel caso l’apporto calorico totale giornaliero sia conforme al fabbisogno. Poiché i sistemi di eliminazione del surplus di proteine sono normalmente efficienti, un consumo non eccessivamente superiore alle raccomandazioni non è da considerare a rischio. E’ buona regola però non superare il doppio del livello di assunzione proteica raccomandato ovvero più di 2 g di proteine/kg di peso corporeo. Ogni ulteriore aumento ha effetti anabolici minimi ed effetti collaterali piuttosto gravi, così come osservato da studi su atleti d’elite alimentati con diete iperproteiche (Hatfield F, Ultimate sport nutrition, 1996).

CARENZA DI PROTEINE
La carenza di proteine può indurre un abbassamento delle difese immunitarie, dimagrimento, diminuzione della massa muscolare, astenia, perdita della memoria e della libido, difficoltà di concentrazione. I primi sintomi sembrano manifestarsi a livello di capelli, pelle ed unghie che appaiono fragili assottigliati. La carenza di proteine è molto rara in assenza di malattie ed è solitamente associata a disturbi del comportamento alimentare e gravi patologie epatiche o renali, ma purtroppo è diffusa nei paesi sottosviluppati a causa della scarsità di cibo. La malnutrizione proteico-energetica è la forma più letale di denutrizione e colpisce un quarto dei bambini nel mondo7. La FAO ha stimato che 850 milioni di persone soffre di denutrizione e che l’insufficiente apporto proteico è il fattore che contribuisce più significativamente. Una dieta ipoproteica in cui si introducono meno di 0,8 g di proteine/kg al giorno, induce ad un eccessivo consumo di zuccheri semplici e carboidrati che comporta turbe metaboliche, nervose e carenze vitaminiche. Alla luce di questo fatto, i vegetariani devono prestare particolare attenzione nel bilanciare l’apporto proteico, in quanto rischiano maggiormente di essere carenti vitamine come la B12 e di particolari amminoacidi essenziali contenuti prevalentemente nelle proteine di origine animale.
(7. World Health Organization, 2006)

PROTEINE: A CIASCUNO IL GIUSTO EQUILIBRIO
ANZIANI
Gli anziani sono una fascia di popolazione ad alto rischio di insufficiente apporto proteico. Ciò è dovuto al fatto che spesso trovano difficoltosa la masticazione e la deglutizione di alimenti proteici, ad esempio la bistecca, il che li porta frequentemente ad introdurre meno proteine rispetto al loro fabbisogno. Il fabbisogno proteico degli anziani è comunque un argomento controverso in quanto con l’aumento dell’età si va incontro all’atrofia del muscolo e a osteoporosi (indebolimento dell’osso dovuto al diminuito assorbimento del calcio) pertanto sembrerebbe opportuno aumentare l’introito PROTEICO PER FAVORIRE IL RIPRISTINO DELLA MASSA MUSCOLARE.
SPORTIVI
Un’altra categoria che deve regolare l’introito proteico è quella degli sportivi in quanto essi devono bilanciare il logoramento del muscolo dovuto all’esercizio fisico. A seconda dell’intensità e della frequenza dell’allenamento, gli sportivi possono assumere ogni giorno fino a un massimo di 2 g di proteine per kg di peso corporeo. Sembra però che un apporto di 1,6 g sia più che sufficiente a coprire le necessità proteiche degli atleti di quasi tutte le discipline sportive.
VEGETARIANI E VEGANI
Il fabbisogno proteico è verosimilmente più alto nei vegetariani, dato che escludono carne e pesce dalla dieta, e ancor più nei vegani (vegetariani stretti) i quali non assumono nemmeno uova e latte e derivati. I vegetariani e i vegani, che in Italia sono rispettivamente 6 milioni e 600.000 con un numero in continua crescita8, devono pertanto introdurre una quota maggiore di proteine vegetali per assicurarsi adeguati quantitativi di amminoacidi essenziali.
(8. Dati AcNielsen del 2004, rielaborati dall’Eurispes nel “Rapporto Italia 2006”)

LE PROTEINE NON SONO TUTTE UGUALI
Come anticipato, le proteine sono costituite da venti diversi amminoacidi che si assemblano in modo differente, dando origine a molecole con altrettante diverse funzioni. Per questo la famiglia delle proteine è estremamente eterogenea e, anche dal punto di vista nutrizionale, le proteine non sono tutte uguali. Esse sono classificate in base al loro contenuto in amminoacidi essenziali (valore biologico o VB) e alla loro digeribilità (PDCASS), parametri che permettono di valutarne la bontà a livello nutrizionale. Le sostanze essenziali sono sostanze indispensabili che il metabolismo umano non riesce a sintetizzare in quantità sufficiente e che devono quindi essere introdotte per via alimentare. Si presume che circa 50 sostanze, contenute negli alimenti, siano essenziali per la sopravvivenza a lungo termine dell’essere umano; tra esse rientrano gli amminoacidi essenziali. Essenziali per l’uomo sono la lisina, la leucina, l’isoleucina, la metionina, la fenilalanina, la treonina, il triptofano, la valina, e, nei bambini, l’istidina e l’arginina. Gli amminoacidi non essenziali di proteine animali e vegetali hanno per lo più funzioni strutturali; sintetizzati con l’aiuto di enzimi, vanno a costruire l’apparato muscolo- scheletrico: muscoli, tessuto connettivo lasso e denso, struttura ossea, tessuti organici. Si chiamano “non essenziali” perché il corpo li sintetizza anche a partire da altri amminoacidi o sostanze azotate. Al contrario, gli amminoacidi essenziali svolgono principalmente dei compiti funzionali: sono parte di enzimi, di ormoni e neurotrasmettitori.


LE PROTEINE “MIGLIORI”
Negli alimenti, gli amminoacidi proteici essenziali sono distribuiti in modo eterogeneo. Quando un particolare amminoacido essenziale è scarsamente presente in un alimento viene definito amminoacido limitante. L’azione limitante consiste nella scarsità di tale amminoacido rispetto agli altri al momento della sintesi della proteina per cui è richiesto; ciò causa un diminuito utilizzo degli altri amminoacidi e una sintesi proteica inferiore a quanto teoricamente potrebbe avvenire. Se si verifica una carenza o mancanza di un amminoacido essenziale, l’organismo dà sintomi di insufficienza proteica, disturbi della crescita e del metabolismo, in quanto alcuni processi cellulari sono impediti a causa della mancanza delle strutture proteiche vitali. Difatti la carenza o mancanza degli amminoacidi essenziali è una delle principali cause di invecchiamento dell’organismo. Su questa base, le proteine possono essere distinte in:
NOBILI O COMPLETE: contengono tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni. A questo gruppo appartengono principalmente le proteine animali.
INCOMPLETE: mancano di uno o più amminoacidi essenziali, come alcune proteine vegetali. Nell’uovo gli amminoacidi sono ripartiti secondo il fabbisogno umano per cui questo alimento viene utilizzato come riferimento per stimare il valore biologico degli alimenti. Il valore biologico è un parametro di valutazione degli alimenti in base alla qualità delle proteine contenute in essi. Esso dipende dalla composizione in amminoacidi di un alimento e dalla sua digeribilità, ed é definito come il rapporto tra l’azoto trattenuto e l’azoto assorbito dall’organismo.
Il valore biologico di una proteina dipende dalla sua composizione in amminoacidi. La carenza di un solo amminoacido rispetto alla quantità richiesta (amminoacido limitante) è responsabile del basso valore biologico di una proteina alimentare, valore che può quindi essere migliorato integrando con l’amminoacido mancante. Infatti una proteina è utilizzata meglio tanto più la sua composizione amminoacidica si avvicina a quella della proteina da sintetizzare da parte dell’organismo. Nella tabella 4 si può vedere i diversi valori biologici per tipologia di proteine: la composizione amminoacidica di quelle animali generalmente si avvicina di più a quella del corpo umano rispetto a quella delle rpoteine vegetali Il valore PDCAAS (Protein Digestibility Amino Acid score) è il metodo ufficiale riconosciuto dalla FAO per la misura della digeribilità delle proteine. Esso viene calcolato moltiplicando il valore amminoacidico (AAS, Amino Acid Score) dell’amminoacido limitante per la digeribilità della proteina in questione. Il valore ottenuto è il metodo di riferimento primario per stimare la presenza di amminoacidi essenziali in una proteina e pertanto per valutare la sua importanza nutrizionale. Le proteine di origine vegetali sono definite incomplete in quanto quelle derivate dai cereali sono deficienti in lisina e triptofano, quelle dei legumi in metionina. Pertanto l’associazione tra proteine vegetali derivate dai legumi e dai cereali è molto consigliata dai nutrizionisti in quanto gli amminoacidi contenuti si integrano reciprocamente secondo il fabbisogno umano; è per questa ragione che tali proteine vengono definite “complementari”.
I legumi, come i piselli, sono stati per secoli alla base dell’alimentazione europea e in particolare italiana; diffusi grazie al loro alto valore nutritivo, sono rientrati nella dieta alimentare dei ceti più poveri grazie anche alla possibilità di una prolungata conservazione mediante la disidratazione. Attualmente i piselli vengono generalmente coltivati per il consumo fresco e soprattutto per l’industria conserviera; sono stati infatti tra i primi ortaggi commercializzati in lattine ermeticamente chiuse, ed anche tra i primi ad essere sottoposti alla conservazione per surgelamento.

IL CONSUMO DEI PISELI IN EUROPA E IN ITALIA
I maggiori produttori di piselli sono il Canada e gli stati europei e, tra questi, l’Italia è uno dei principali, con circa 2.700.000 quintali all’anno per una superficie coltivata di 40.000 ettari. Malgrado ciò il consumo di legumi in Europa è basso (2,8 kg procapite/anno) se comparato con quello mondiale (5,9 kg) e di altri continenti come il Sud America (10,3 kg), l’Africa (8,1 kg), il Nord e Centro America (7,2 kg), l’Oceania (6,8 kg) e l’Asia (5,6 kg). Tra gli stati Europei, l’Italia è seconda solo alla Gran Bretagna per consumo di legumi (345.316 t), e terza per quello di piselli (94.628 t). Inoltre, negli ultimi dieci anni la tendenza di consumo è in aumento per entrambi gli stati. Le analisi di mercato evidenziano che i punti di forza del pisello e dei legumi in generale sono il prezzo contenuto e la facilità di conservazione per lunghi periodi. Oltre a ciò, le parole chiave associate ai legumi includono “salute”, “gastronomia”, “produzione locale” e “autenticità”, andando incontro alla ricerca del consumatore europeo di qualità e sicurezza dell’alimento e al concetto di salute ad esso associato. Ciò è dovuto a molteplici fattori: l’interesse dei vegetariani, l’incremento del mercato dei piatti etnici dovuto all’aumento dell’immigrazione, la preoccupazione legata alle fonti di proteine animali successiva alle epidemie di BSE ed aviaria e, non da ultimo, la ricerca di cibi privi di allergeni e no-OGM. I piselli, già noti ai Greci e ai Romani, fanno parte della tradizione mediterranea da secoli e raggiunsero il loro apice nel settecento in Francia, tanto che il Re Sole ne era ghiotto e come lui la sua corte. In passato hanno rappresentato una delle maggiori fonti di proteine per la popolazione, in quanto il consumo di carne era riservato solo ai benestanti ed era limitato in alcuni periodi dell’anno.
I piselli, facili da coltivare, in quanto resistono non irrigui e senza bisogno di fertilizzanti, erano raccolti e consumati freschi in stagione e successivamente fatti seccare per essere consumati durante tutto l’anno. Testimonianza di questo tradizionale consumo sono le ricette tramandate nei secoli che sono giunte fino a noi: numerose zuppe e piatti “poveri” come i pudding e il pane di farina di piselli. I piselli sono un alimento che fa parte della tradizione culinaria italiana: basta ricordare i “risi e bisi” veneti, le seppie con i piselli alla romana, gli arancini siciliani e il sartù napoletano… Essi costituiscono un’importante fonte di proteine vegetali (5,42g/100g) che nei piselli secchi rappresentano circa il 20% del peso; è da specificare comunque che per far fronte a tutte le necessità dell’organismo è sempre bene abbinarli ad un alimento a base di cereali (pasta, riso, patate, polenta o semplicemente pane) che aiuta nell’esaltazione del gusto e nell’ottimizzazione dell’apporto nutrizionale. Infine i piselli contengono poche calorie (81kcal/100g per i piselli freschi, 293 per quelli secchi) e pochi grassi (0,4g/100g); è assente il colesterolo11.
(11. USDA National Nutrient Database for Standard Reference, Release 21 (2007).

Fonte: Ufficio Stampa - Sprim Italia