Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI): Colite Ulcerosa (CU) e Malattia di Crohn
Le malattie infiammatorie croniche intestinali, meglio conosciute con l’acronimo italiano MICI o quello anglosassone IBD (Inflammatory Bowel Diseases) sono malattie a componente infiammatoria, e ad andamento recidivante che interessano l’intestino e si suddividono in due forme: Colite Ulcerosa (CU) e Malattia di Crohn.
Le MICI sono patologie tipiche delle età giovanili: il picco più importante si concentra tra i 15 e i 45 anni, tuttavia si rileva negli ultimi tempi un aumento dell’incidenza in età pediatrica e adolescenziale; il secondo picco si posiziona in età avanzata.
L’insorgenza di queste malattie in giovane età, la cronicità che le caratterizza, le limitazioni che impongono alle normali attività quotidiane e la continua minaccia di complicanze, condiziona pesantemente la vita dei soggetti che ne sono affetti, la situazione viene peggiorata dai ritardi diagnostici, dalla scarsa conoscenza di queste patologie e dalle difficoltà di comunicazione tra medici e pazienti.
A differenza che in passato, quando le MICI erano prevalentemente diffuse nei Paesi industrializzati, si assiste da un decennio circa alla presenza di queste malattie nei Paesi emergenti. I nuovi casi e i malati sarebbero aumentati di venti volte nell’ultimo decennio, manca tuttavia un Registro nazionale per cui i dati si presume siano sottostimati. Nel mondo si stimano oltre 2,2 milioni di pazienti, in Europa 1,1 milioni, in Italia circa 200.000.
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono caratterizzate da un’eccessiva risposta immunitaria agli antigeni fisiologicamente presenti a livello intestinale. Per cause ancora ignote il sistema immunitario produce cloni di cellule auto-reattive, autoanticorpi che attaccano le strutture dello stesso organismo (self).
La sintomatologia delle MICI è quanto mai vasta, aspecifica e spesso invalidante: dolori addominali, diarrea anche ematica, vomito, febbre, calo ponderale, astenia sono solo alcuni dei sintomi più frequenti che impattano pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti.
Fino a 15 anni fa le MICI erano trattate a seconda del grado di gravità con steroidi e immunosoppressori cui si associava la chirurgia utilizzata come ultima opzione. Il punto di svolta è arrivato negli Anni ’90 con l’avvento dei farmaci biologici, il cui capostipite è infliximab, che hanno rivoluzionato la storia naturale di queste malattie, riducendo in modo sostanziale nelle forme da moderata a grave il ricorso all’intervento chirurgico e alle ospedalizzazioni, ed hanno ridotto in maniera importante il ricorso alle terapie steroidee evitandone i pesanti effetti collaterali.
Vedi patologie:
Colite Ulcerosa (CU)
http://www.medicinaoltre.com/patologie/patologie_dettaglio.php?id=644
Malattia di Crohn
http://www.medicinaoltre.com/patologie/patologie_dettaglio.php?id=645
Golimumab è un nuovo anticorpo monoclonale umano di ultima generazione che ha ricevuto l’approvazione dell’EMA per il trattamento della Colite Ulcerosa di grado moderato-severo in pazienti adulti che non hanno ottenuto risposta soddisfacente alle terapie tradizionali. Dal 28 gennaio 2015 AIFA ne ha decretato la rimborsabilità.
Golimumab è concepito per agire selettivamente contro il Fattore di Necrosi Tumorale, TNF-alfa, la citochina che rappresenta uno dei “motori” principali dell’infiammazione. La sua sovrapproduzione è infatti il denominatore comune delle malattie infiammatorie croniche intestinali e di altre malattie autoimmuni oltre ad essere implicata in molte patologie a base infiammatoria.
Golimumab è la prima terapia sottocutanea anti-TNF da somministrare, nella terapia di mantenimento della Colite Ulcerosa, ogni 4 settimane e mira a neutralizzare entrambe le forme di TNF-alfa (solubile e legato alla membrana) riducendo l’infiammazione.
La somministrazione di mantenimento di golimumab avviene per via sottocutanea; l’iniezione è disponibile in forma di penna e siringa pre-riempita che il paziente può autosomministrarsi a casa con notevole incremento della compliance terapeutica.
Highlights di golimumab sono:
Risposta Clinica Continua ed efficacia mantenuta nel tempo;
Risposta Clinica Precoce;
remissione clinica e guarigione della mucosa intestinale;
miglioramento della qualità della vita;
somministrazione ogni 4 settimane dopo induzione;
possibilità di autosomministrazione.
Studi clinici
Golimumab già approvato dalla FDA americana e dall’EMA per l’indicazione al trattamento dell’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante, sulla base di numerosi studi clinici (GO-FORWARD, GO-AFTER E GO-BEFORE per l’AR, GO-RAISE per la spondilite anchilosante e GO-REVEAL per l’artrite psoriasica) che ne hanno valutato efficacia duratura nel tempo e tollerabilità, viene approvato in Italia dall’AIFA con una nuova indicazione per il trattamento della Colite Ulcerosa (CU) di grado moderato-severo.
Il Programma PURSUIT ha incluso due studi multicentrici (PURSUIT induzione e PURSUIT mantenimento), randomizzati, in doppio cieco, controllati vs placebo, con lo scopo di valutare il profilo di sicurezza e l’efficacia di un regime di trattamento sottocutaneo con il farmaco anti-TNF alfa Golimumab (GLM) in soggetti adulti con colite ulcerosa di grado moderato-severo. Tutti i pazienti erano non responders o non tolleravano le terapie tradizionali oppure erano corticosteroidi-dipendenti. Tutti i pazienti erano naïve al trattamento con antagonisti del TNF alfa. PURSUIT-SC induzione ha evidenziato la superiorità statisticamente significativa dei due regimi terapeutici di induzione (settimana 0/2) golimumab 400/200 mg e 200/100mg rispetto al placebo per l’endopoint primario rappresentato dalla risposta clinica alla 6 settimana di trattamento. Il farmaco ha ottenuto una superiorità statisticamente significativa rispetto al placebo per gli endpoint secondari quali la remissione clinica, la guarigione mucosale e la qualità di vita valutate a 6 settimane.
I pazienti responders al trattamento di induzione sono risultati eleggibili al PURSUIT mantenimento di Fase III che ha dimostrato una superiorità statisticamente significativa del farmaco rispetto al placebo nel mantenimento della risposta clinica fino a 54 settimane. La terapia con golimumab consentiva di ottenere in un maggior numero di soggetti la remissione clinica e la guarigione della mucosa sostenute alle settimane 30 e 54.
Al recente congresso UEGW (United European Gastroenterology Week) sono stati presentati i dati di un sottogruppo dello studio PURSUIT mantenimento che ha confrontato i risultati nei pazienti in Risposta Clinica Continua (CCR) con quelli dei pazienti che non avevano raggiunto questo obiettivo. La sottoanalisi ha dimostrato che i pazienti in CCR hanno risultati notevolmente superiori in termini di remissione clinica, abbandono dei corticosteroidi, qualità di vita e guarigione mucosale.
Vivere con le MICI: un percorso a ostacoli tra diagnosi, ricoveri, problemi sul lavoro. Un 'corto' per raccontare la nuova qualità di vita grazie alle terapie biologiche
Le MICI sono patologie che insorgono nella maggioranza dei casi in giovanissima età e, in quanto malattie croniche, condizionano in prospettiva tutta l'esistenza: quale è l'impatto della diagnosi per un paziente sia da un punto di vista relazionale che sociale/lavorativo?
Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa influenzano in modo importante la qualità di vita. La cronicità della malattia, le riaccensioni, le ospedalizzazioni, gli eventuali interventi chirurgici sono fattori che peggiorano la qualità di vita per i malati di MICI non solo nei momenti di attività di malattia ma anche durante la fase di remissione. A soffrire di MICI sono indifferentemente uomini e donne, per lo più tra i 20 ed i 40 anni di età, in piena attività lavorativa e con un elevato bisogno di cure e interventi sanitari. Queste malattie sono caratterizzate dall’alternanza di fasi di remissione completa a fasi di attività durante le quali la qualità di vita dei pazienti è fortemente compromessa, così come la loro capacità lavorativa e le relazioni sociali. È ampiamente dimostrata infatti l’influenza negativa di tali patologie non solo sulla salute dei singoli pazienti ma anche sull’intero tessuto sociale, chiamato a sopportare costi sempre maggiori, sia diretti che indiretti, per la loro cura. I malati vivono nella consapevolezza che la loro malattia c’è sempre, e che potrà manifestarsi in modo molto grave tanto da poter richiedere un ricovero o un intervento chirurgico e sono consapevoli che l’infiammazione dell’intestino li espone a un rischio maggiore rispetto alla popolazione sana di sviluppare un tumore. Inoltre, le persone con Malattia di Crohn o Colite Ulcerosa sono maggiormente inclini alla depressione e all’isolamento, e l’aspetto psicologico non è secondario per il decorso della malattia.
Le Malattie Infiammatorie Croniche dell'Intestino mettono a dura prova la vita lavorativa e i rapporti sociali di chi ne soffre come emerge anche dallo studio IMPACT, realizzato da EFCCA (European Federation Crohn and Colitis Associations). La ricerca evidenzia numerose difficoltà. Nel nostro Paese, il 71% dei pazienti ha dovuto assentarsi dal lavoro e il 19% lo ha dovuto fare per più di 25 giorni in un anno a causa di ricadute, visite mediche o ricoveri ospedalieri. Quasi il 40% ha dovuto apportare cambiamenti nella vita lavorativa e il 51% afferma che la malattia ha influenzato negativamente le proprie prospettive di carriera. Inoltre, questa patologia è stata la causa diretta della fine di un rapporto affettivo nel 20% dei casi.
Dopo l'avvento delle terapia biologiche, il clima intorno alle MICI sta cambiando: oggi queste patologie, se adeguatamente trattate, non rappresentano più un ostacolo insormontabile a una buona qualità di vita: come si riflette tutto questo rispetto alla percezione che i pazienti hanno della propria condizione?
La disponibilità di alcuni nuovi farmaci rappresenta indubbiamente una speranza per migliaia di pazienti. Le terapie biologiche hanno costituito un punto di svolta importante nella gestione di queste patologie. Le prescrizioni di farmaci biologici nelle MICI o IBD (Inflammatory Bowel Disease) rappresentano il 14% delle prescrizioni totali; la maggior parte delle prescrizioni riguarda patologie Reumatologiche e Dermatologiche. Si tratta di terapie molto costose, ma che permettono, sicuramente nel breve termine, la remissione e di conseguenza una buona qualità della vita correlata alla salute (Health Related Quality of Life - HRQoL). I trattamenti con i farmaci biologici in gastroenterologia dovrebbero, a nostro avviso, essere resi sempre disponibili quando indicati. Non ci si dovrebbe limitare al semplice costo delle terapie quando si trattano patologie di questo tipo: sarebbe piuttosto necessario valutare globalmente il percorso terapeutico del paziente. Se il costo di una terapia è elevato ma permette di controllare meglio la patologia, il Sistema beneficerà di una diminuzione dei costi legati alla patologia, legati ad esempio ai ricoveri. Un costo si può trasformare in un risparmio nel tempo, anche in termini di costi indiretti. Basti pensare che dai dati ricavati sempre dall’indagine IMPACT emerge che:
l’81% dei pazienti interpellati è stato ricoverato in ospedale nel corso degli ultimi 5 anni a causa di problemi associati a IBD (il 34% per 1-5 giorni e il 46% per un periodo più lungo);
il 64% dei pazienti affetti da Colite Ulcerosa ha trascorso 6-10 giorni in ospedale;
il 16% è stato sottoposto a un intervento chirurgico, il 6% a due interventi chirurgici e il 14% è stato sottoposto a tre o più interventi chirurgici. Il 5% di tutti i rispondenti è stato sottoposto a cinque o più interventi chirurgici. Per migliorare questi numeri e diminuire i costi bisogna puntare su una più efficace organizzazione sanitaria che permetta, tra altre cose, una diagnosi precoce, presupposto questo che consentirebbe malattie meno aggressive e quindi più gestibili. Il paziente diagnosticato in ritardo soffrirà per una malattia più aggressiva e potrà frequentemente dover ricorrere al ricovero, da qui ingenti costi, per il Servizio Sanitario Nazionale e per il paziente, che perde giorni di lavoro. La nostra intenzione è quella di fare in modo che il paziente venga seguito in ambulatorio, provando a ridurre i ricoveri ospedalieri.
Oggi AMICI onlus promuove un grande progetto di comunicazione, per raccontare attraverso le video-testimonianze realizzate dagli stessi pazienti, non solo l'impatto di queste malattie ma soprattutto le nuove prospettive che si sono aperte. Quali sono gli obiettivi di questa iniziativa? Quali sono i messaggi che vorreste far arrivare a tutti i pazienti e all'opinione pubblica?
Si tratta di un progetto innovativo per richiamare l’attenzione di pazienti, medici e mass media sulla qualità della vita delle persone con MICI. Un racconto collettivo per immagini della vita quotidiana delle persone con MICI per realizzare un cortometraggio basato sui video eseguiti dagli stessi pazienti per raccontare emozioni, speranze, progetti di chi deve convivere con le MICI. Sarà una sfida alla quale potranno contribuire tutti i pazienti con la loro esperienza per fornire spunti di riflessione a chi non conosce queste patologie ma anche a chi le conosce perchè ci deve convivere ogni giorno. L’esperienza e la realtà della malattia, come tutte le realtà che l’uomo incontra nella sua vita. Si potranno, o dovranno probabilmente, raccontare anche situazioni pesanti, di sofferenza, perché non bisogna dimenticare che dietro questa campagna ci sono persone che soffrono. È anche vero che non vi sono situazioni in cui il paziente affetto da queste patologie non riesca a mettere in evidenza la propria umanità, a sviluppare quella ricchezza di contenuti, di solidarietà, di vicinanza all’altro, che ogni uomo possiede ed è chiamato a realizzare. Il risultato finale dovrà, nelle nostre intenzioni, far conoscere le MICI ma soprattutto aiutare i pazienti ad avere fiducia e a vivere con maggiore positività.
In che modo AMICI onlus offre supporto ai pazienti e contribuisce a promuovere l'informazione su queste patologie?
AMICI vuole assistere i pazienti in tutto il percorso che va dalla presa in carico alla gestione della patologia, sia dal punto di vista clinico sia da quello delle tutele, ponendo come prioritaria la salvaguardia della qualità di vita. Purtroppo in Italia manca una legislazione che tuteli questi pazienti. Queste persone, sia nell'ambito lavorativo che in quello della richiesta dell'invalidità, vengono penalizzate perchè la malattia non viene loro riconosciuta. La conseguenza è che, a causa delle ripetute assenze dovute a motivi di salute, si trovano a volte ad affrontare situazioni di mobbing sul posto di lavoro, se non addirittura a perderlo. Questo rischio spinge molti malati a nascondere la propria patologia e ad evitare di prendere permessi per la cura, peggiorando così il loro stato di salute.
Altri problemi sono una diagnosi tardiva e un accesso alle cure non standardizzato sul territorio nazionale. Sempre dall’indagine IMPACT risulta che per il 13% dei rispondenti sono stati necessari da 1 a 2 anni affinché fosse formulata la diagnosi. Sul campione totale, è risultato che il 14% ha dovuto attendere cinque o più anni per ottenere la diagnosi. Il medico di famiglia dovrebbe essere maggiormente responsabilizzato perchè spesso costituisce l’anello debole nella presa in carico, più che nella gestione, del paziente. Spesso, infatti, tende ad inviare in ritardo il malato allo specialista, il quale, come conseguenza, si trova a dover gestire una patologia che, essendo stata trascurata, è molto più aggressiva.
È invece importante che un caso sospetto o appena diagnosticato sia inviato il prima possibile a Centri di riferimento che garantiscano un approccio multidisciplinare: questi, grazie alla loro competenza, sono in grado di erogare prestazioni di qualità che nella maggior parte dei casi soddisfano i bisogni del paziente. Purtroppo talvolta il paziente viene indirizzato a centri non specializzati nella cura di queste patologie. In questi casi in genere non si sente seguito bene, spesso lamenta scarsa attenzione da parte del medico che non gli dedica, a suo avviso, tempo sufficiente e che non comprende le sue problematiche. Circa il 22% dei pazienti intervistati per l’indagine IMPACT ha, infatti, dichiarato di non aver accesso adeguato. Il 53% sente di non aver avuto l’opportunità di riferire allo specialista qualcosa di importante durante la visita e il 72% dice che avrebbe voluto che il gastroenterologo facesse domande più mirate e approfondite. Da tutto ciò deriva che il paziente non percepisce l'alta qualità erogata dal Servizio Sanitario Nazionale che è in linea con la maggior parte degli altri Paesi europei. Queste criticità rilevano la necessità di implementare strategie opportune nella gestione delle MICI.
Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali: i video dei pazienti raccontano la "nuova" qualità di vita
Migliora la qualità di vita per i pazienti affetti da Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) che in Italia colpiscono oltre 200.000 persone; grazie ai progressi delle terapie queste malattie non sono più un ostacolo a una vita piena e indipendente.
Parte il progetto Ora che mi ci fai pensare promosso da AMICI onlus in collaborazione con IG-IBD ed EFCCA e con il sostegno di MSD: pazienti e familiari diventano attori e registi e fino al 30 aprile potranno caricare i video con le loro storie sul sito [url=http://www.orachemicifaipensare.it ]www.orachemicifaipensare.it [/url]
Fonte: Pro Format Comunicazione – Ufficio stampa