Tumore dell'intestino
Descrizione
Il merito degli avanzamenti terapeutici per i tumori del retto va alla messa a punto di tecniche chirurgiche piú sofisticate, ma anche una migliore conoscenza delle vie di diffusione della malattia.
"Nel passato - commenta il chirurgo - si considerava indispensabile avere 5 centimeti di tessuto sano al di sotto del tumore e quando questi non c'erano si riteneva che, per essere curativi, fosse necessario demolire tutto. Oggi invece si sa che nel caso di tumori molto bassi é sufficiente un centimetro di tessuto sano al di sotto del tumore, in quanto la diffusione della malattia avviene in altre direzioni. Ecco allora che in questi casi possiamo e dobbiamo rivolgerci alla terapia conservativa".
Con al suo attivo oltre 400 operazioni, l'Istituto Tumori di Milano é la struttura che in tutto il mondo ha eseguito il maggior numero di interventi di questo tipo.
Meno ricadute
"La nuova chirurgia é piú rispettosa della qualitá di vita, ma soprattutto é piú curativa - commenta il chirurgo -. Sarebbe giá stato un ottimo risultato se al vantaggio in termini di qualitá di vita avessimo fatto corrispondere una paritá di recidive rispetto al vecchio intervento. Invece, grazie all'accuratezza della chirurgia e al ricorso ad altre terapie aggiunte, é stato addirittura possibile conseguire una riduzione delle recidive dal 30 all'8 per cento."
Come si spiega questo duplice "miracolo"?
"Molto dipende dalle migliori conoscenze della vie di diffusione della malattia, oltre che dagli aspetti tecnici, ormai standardizzati da dieci anni. Proprio per il mio atteggiamento di conservazione, il nuovo intervento ha curato l'asportazione di tutti i tessuti che prima venivano lasciati, perché non erano considerati fra le vie principali di diffusione della malattia. Mi riferisci, in particolare al tessuto che circonda il retto, il mesoretto (si tratta di tessuto grasso che ospita al suo interno linfonodi, vasi e nervi, ndr), e che rappresenta la parte anatomica maggiormente incriminata nelle recidive".
Nell'intervento tradizionale questo "cuscino di grasso", al cui interno possono essere presenti isolotti del tumore, veniva aaportato manualmente, con il rischio di provocare una disseminazione della malattia. Non solo, molto spesso l'asportazione risultava incompleta e gli eventuali focolai di tumore non venivano rimossi.
Migliore efficacia
"Ecco perché l'85 per cento delle recidive locali avveniva entro i primi 24 mesi, mentre chi superava i 5 anni non aveva piú niente da temete. Il fatto é che questa é una malattia locale e la possibilitá di guarire viene giocata tutta in sala operatoria", commenta il dottor Leo.
L'intervento conservativo, che prevede l'asportazione di tutto il mesoretto, finisce quindi per rivelarsi piú radicale e piú curativo di quello demolitivo.
Esami
Diagnosi tardiva
Questo perché purtroppo nella grande maggioranza dei casi il tumore del colon viene diagnosticato a uno stadio troppo avanzato. Se, invece, venisse identificato e trattato nelle fasi iniziali, potrebbe essere curato con successo in una altissima percentuale di casi.
"In particolare, occorrerebbe asportare i polipi intestinali, che sono i precursori di quasi tutti i tumori del colon e del retto", ha detto il professor Pacini. Ma per poter far questo, si devono cercare i polipi nella popolazione sana. Una prevenzione che deve cominciare sia negli uomini sia nelle donne a un'etá ben precisa: 50 anni. Il cancro del colon e del retto é infatti molto raro prima dei 40 anni e poco comune tra i 40 e i 50: la sua frequenza peró diventa rilevante in etá successive.
Indagine semplice
"A partire da questa etá, va fatta ogni anno la ricerca di sangue occulto nelle feci: un esame semplice e poco costoso in grado di individuare la presenza di tracce minime di sangue, perché i polipi spesso sanguinano senza dare altri sintomi. In caso di positivitá, si approfondiranno le indagini con una cobonscopia", ha spiegato il professor Massimo Crespi, direttore del Centro di Prevenzione Tumori dell'Istituto Nazionale Regina Elena di Roma. "La colonscopia va comunque effettuata ogni 5 anni, sempre a partire dai 50 anni, anche se il test del sangue occulto é negativo".
Esistono tuttavia persone a rischio particoláre: sono quelle che hanno un parente di primo grado (un genitore, un fratello) colpito da polipi o da cancro al colon, in cui una probabilitá di andare incontro alla stessa malattia é almeno raddoppiata. "Questi soggetti devono cominciare a sottoporsi alla colonscopia 10 anni prima dell'etá in cui il polipo o il cancro é stato diagnosticato al familiare", ha detto Crespi.
L'Ue sta spingendo affinché tutti gli Stati membri adottino pratiche di screening per questo tumore. Ma una volta tanto l'Italia non é stata a guardare: grazie al ministro Veronesi, dal gennaio di quest'anno la colonscopia di screening é esentata dal ticket. Oltre agli Stati Uniti, siamo l'unico Paese ad aver adottato questa decisione.
Terapia
Ricostruzione
A differenza dell'intervento demolitivo, nell'operazione "conservativa", dopo aver asportato il pezzo di intestino contenente il tumore, il colon viene collegato con la parte restante del retto in cui é contenuto lo sfintere anale. In realtá, le cose non sono cosí semplici, tanto é vero che, mentre un intervento demolitivo puó essere eseguito in un paio d'ore, per quello conservativo sono necessarie fra le cinque e le sei ore. Non si tratta infatti solo di ricollegare il colon con la porzione di retto rimasta: é necesmario asportare il tumore rispettando tutte le parti la cui conservazione é necessaria per consentire un adeuato recupero funzionale.
E' inoltre indispensabile costruire una nuova ampolla rettale, vale a dire quella specie di serbatoio per le feci la cui presenza é importante per garantire una buona funzione dell'intestino.
L'ampolla viene ricavata ripiegando su se stessa una porzione di colon, in modo da formare un "sacchetto", che puó essere collegato al retto.
Nel periodo immediatamente successivo all'intervento si ricorre a una colostomia provvisoria, per cui il paziente dovrá portare il classico sacchetto esterno per un mese. "Si tratta di un accorgimento necessario per consentire la perfetta chiusura di tutti i collegamenti prima della ripresa della funzione - spiega Leo -. Questo periodo puó essere comunque sfruttato per effettuare le terapie eventualmente necessarie a completamento dell'atto chirurgico".
La differenza che piú incide sulla qualitá della vita di chi si deve sottoporre a questo tipo di intervento é sicuramente rappresentata dalla possibilitá di evitare la colostomia. Ma ci sono anche altri vantaggi, in particolare per quanto riguarda i risultati in termini di rischio di "ricadute".
Una "sentinella" della diffusione
Un'altra novitá che potrebbe contribuire a modificare il destino di chi viene colpito da un tumore del colon é rappresentata dall'introduzione anche in questo campo della tecnica del "linfonodo sentinella". Giá utilizzata da qualche anno nel caso dei tumori della mammella e dei melanomi, questa procedura consente di individuare nel corso dell'intervento il linfonodo che per primo puó essere colpito da una metastasi e di analizzano immediatamente.
"Il primo obiettivo che ci siamo posti con l'applicazione di questa procedura é quello di riuscire a reperire i primi linfonodi attraverso i quali il tumore deve passare, perché molto spesso sono cosi piccoli da sfuggire all'esame istologico", spiega Sukamal Saha, il chirurgo della Michigan State University che ha intuito l'utilitá dell'applicazione della tecnica anche a questi tumori. "Tutto intorno al tumore iniettiamo del colorante blu che, diffondendosi, raggiunge e cobra il primo linfonodo, il binfonodo sentinella - spiega Saha -. L'esecuzione della procedura non interferisce con l'intervento: sono sufficienti solo dieci minuti e puó essere eseguita in qualsiasi ospedale".
Si risparmiano anche i nervi che permettono l'attivitá sessuale
Il maggior rispetto della qualitá di vita offerto dall'intervento conservativo é garantito anche dall'attenzione che viene posta nel risparmiare i nervi che corrono nei pressi del retto e il cui normale funzionamento é essenziale per la funzione sessuale. "In passato gli interventi demolitivi determinavano la comparsa di impotenza nei cento per cento - dei casi - ricorda il dottor Leo -. In realtá, si é visto che questi nervi non erano interessati dalla malattia, per cui era inutile sacrificarli. Ció significa che nei corso dell'intervento é necessario individuarli e seguirli in tutto il loro decorso.
Oggi noi ricorriamo a un apparecchio che, grazie a degli impulsi elettrici, ci permette di valutare il decorso dei nervi e di verificarne l'efficienza funzionale. In questo, modo riusciamo a rispettare la potenza sessuale in oltre l'80 per cento dei casi". L'esperienza accumulata in questi ultimi anni all'Istituto Tumori di Milano sta ora per allargarsi anche ad altri centri in Italia; non va dimenticato, infatti, che nel nostro Paese si contano oltre 60.000 colostomizzati.
"Un numero che - commenta Leo - si sarebbe potuto limitare a soli 5000 casi se fosse stato possibile utilizzare a tappeto questa tecnica. Anche in qualche altro centro italiano si é fatta un po' di chirurgia conservativa, ma in maniera occasionale. Ció che vogliamo, invece, é che sia applicabile continuamente. E' questa la ragione per cui abbiamo promosso un master di chirurgia del colon retto. Si tratta, non dimentichiamolo, del secondo tumore in termini di incidenza dopo quello del polmone, con circa 30 mila nuovi casi ogni anno in Italia".
Cosí si recupera la funzionalitá
Nei disegni sono schematizzata le varie tappe dell'intervento sul retto.
1) In evidenza la parte dell'intestino colpita dal tumore.
2) L'asportazione della zona interessata dalla patologia.
3) Ripiegando su se stessa una porzione di colon viene ricostruita l'ampolla rettale, la struttura che funziona come serbatoio per le feci ed é fondamentale per il buon funzionamento dell'intestino.
4) Il colon, in un secondo tempo, viene ricollegato al canale anale.
News
Ora gli esami sono senza ticket
Recentemente si é svolta a Roma la Conferenza nazionale sulla prevenzione dei tumori del colon e del retto, un appuntamento promosso dall'Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri (Aigo) per richiamare l'attenzione sulla malattia, ma soprattutto sul fatto che lo screening e il controllo periodico del colon possono effettivamente permettere la diagnosi precoce e la guarigione. "Pochi sanno infatti che il cancro del colon e del retto é una delle principali cause di morte nel mondo, e che in Italia, cosí come negli Stati Uniti, é addirittura la seconda causa di morte per tumore", ha spiegato il presidente dell'Aigo, il professor Franco Pacini, primario della Divisione di Gastroenterologia dell'Ospedale Careggi di Firenze. "Nel nostro Paese ogni anno si registrano almeno 27 mila nuovi casi. Oltre la metá dei malati non sopravvive oltre i 5 anni".